A Scuola di fallimento si vince ripartendo dagli errori

In una società che non ammette il fallimento, nasce la prima scuola che mira a insegnarci come imparare dagli errori

La paura di fallire ha un nome proprio in gergo psicologico: atychifobia. Questo, perché tale timore è ritenuto una fobia a tutti gli effetti, al pari di altre manifestazioni ansiose della mente. Si presenta infatti con ansia, attacchi di panico e, conseguentemente, con una bassa autostima e mancanza di fiducia nelle proprie capacità.

L’atychifobia non è semplice timore, poiché la fobia stessa inibisce qualsiasi slancio propositivo nei confronti dell’azione, preferendovi piuttosto la stasi. Certo si tratta di un circolo vizioso nel quale, purtroppo, cadono soprattutto i giovani fra i 20 e i 30 anni. Un soggetto colpito da atychifobia può di fatto incorrere in problematiche non solo sul posto di lavoro, ma anche nella socialità, minandone profondamente il senso di soddisfazione nei confronti della vita. Questo si riverbera sul presente, quanto sul futuro.

I numeri del disagio

Il mito della sola determinazione come chiave per il successo, evidentemente, non è più applicabile alle nuove generazioni. Questo adagio non si può più adattare a una situazione economica precaria come quella odierna, senza precedenti nel passato recente.

Per quanto sia giusto se non doveroso voler spronare i propri figli a dimostrare il meglio di sé in ambito scolastico, sportivo e lavorativo, è altrettanto giusto riconoscere che l’errore e il fallimento fanno semplicemente parte del percorso di crescita.

Una bocciatura a un esame, il conseguimento di una laurea che sembra non arrivare mai, un cambio di percorso sono spesso percepiti come sinonimo di svogliatezza, dunque di incapacità da parte della persona sottoposta a tale giudizio.

Parte integrante del problema sembra essere l’università. L’università italiana, semplicemente, non pare essere pronta ad accogliere queste istanze di comprensione. C’è poi una percezione di disconnessione da parte dell’università non solo riguardo all’emotività del singolo, ma anche per quanto riguarda il mondo del lavoro, fatto che genera ancora più ansia nei confronti del futuro.

Emerge dunque che il 35% degli universitari ha mentito almeno una volta alla propria famiglia sull’andamento della carriera accademica mentre il 17% lo fa sistematicamente, soprattutto se si è fuori sede. Si tratta di bugie che nel 28% dei casi sono dovute al senso di responsabilità nei confronti dei genitori, dei sacrifici compiuti per mantenere il proprio figlio nel percorso accademico.

Esami, famiglia, relazioni sociali, precarietà economica sono i motivi che conducono a questo tipo di disagio. Accade dunque che secondo una ricerca (Porru, Robroek, Bultmann e Portoghese) eseguita su un campione di 4.760 studenti universitari italiani, il 5% degli intervistati ha sperimentato un disagio psicologico, con il 21,3%, 21,1% e 36,1% che ha manifestato rispettivamente un disagio lieve, moderato e grave.

Non sorprende, quindi, che spesso tutto ciò porti a delle conseguenze a dir poco tragiche. Il numero dei suicidi in Italia dovuti alla percezione del fallimento è una spaventosa cartina di tornasole della situazione psicologica di molti giovani, specie se universitari. Si pensi che per quanto riguarda il nostro Paese, l’ISTAT ha rivelato che il 5% dei 4000 suicidi che avvengono in un anno ha come matrice la paura dell’insuccesso percepita dagli studenti universitari.

A risentirne, anche l’economia

Il rapporto Amway sull’imprenditorialità ha rivelato dei dati inattesi sulla propensione all’imprenditorialità dei giovani in Italia, specie se il confronto si regge con gli Stati Uniti.

Dal rapporto emerge che il 78% dei giovani italiani ha una propensione all’imprenditoria, contro un 52% dei coetanei statunitensi. Dov’è dunque la criticità? Ancora una volta, nella paura di fallire, percepita dal 92% dei nostri connazionali contro il 46% dei corrispettivi d’oltreoceano.
Principalmente, la causa è da ricercare nella sfiducia nei confronti del Sistema Paese da parte degli  italiani: solo il 36% dei giovani crede di vivere in un Paese che favorisce l’imprenditoria, contro il 72% degli statunitensi. Differisce anche l’approccio culturale delle due parti. In Italia si è maggiormente portati a far affidamento sulla possibilità di ottenere finanziamenti pubblici e prestiti per le start up (46%) e una minore burocrazia (45%). Al contrario, negli USA si è principalmente mossi dalla formazione, cioè lo sviluppo di competenza nel settore (40%).

Francesca Corradi e la sua Scuola di fallimento

Parlare di una scuola di fallimento sembra qualcosa in totale antitesi con l’idea di formazione cui di solito rimanda la scuola. Non è questa l’idea di Francesca Corrado, fondatrice della Scuola di fallimento.

La genesi del progetto

Il tutto nasce da un trascorso personale della fondatrice, una brutta mano di carte giocatele dalla sorte. Da ricercatrice presso l’università di Modena, la donna si è improvvisamente ritrovata col suo mondo, costruito con impegno e dedizione, che le crolla addosso. Corrado passa per fasi di profonda amarezza, di senso di smarrimento e infine di colpevolizzazione di sé e degli altri per elaborare le sue sconfitte sul piano professionale, economico e sentimentale. Tutto, spiega Corrado, per inseguire una malsana idea di perfezione maturata negli anni.

Com’è nata la Scuola di fallimento

Poi, l’illuminazione. Con le sue competenze, non poteva finire tutto così: da lì, la voglia di rivalsa e di rimettersi in gioco.

A un certo punto ho fallito. Avevo perso soldi, relazioni e ruoli. Ma non le mie capacità, che sono quelle che mi hanno permesso di ripartire“, racconta la fondatrice.
Infatti, nel tentativo di essere d’aiuto al padre malato di Alzheimer, Corrado ricomincia a interrogarsi sul processo di elaborazione degli errori da parte della mente. Capisce quindi di dover rimettere tutto in prospettiva. Studia le neuroscienze, la psicologia, il ruolo del teatro, del gioco, dello sport. “Nel gioco, come nella vita, a volte vinci, a volte impari”, scrive Corrado sul sito della Scuola.

Grazie al supporto di Play Res (un’associazione culturale per la promozione, la divulgazione e la ricerca sul gioco), del disegnatore Jacopo Ziliotto, del musicista Stefano Corradi e dello speaker Fabio Ardu il progetto di Francesca Corrado si è finalmente concretizzato.

L’arte di rialzarsi

L’errore non è la fine di tutto. Ce lo insegnano le molte storie di errore di questo tipo che possono ricordarcelo, come quella della scrittrice J.K. Rowling o del celeberrimo fisico Einstein.

Secondo Corrado, il punto di partenza ideale è lo sdoganamento della parola “fallimento”, “vissuto come un marchio indelebile“. Il fallimento, è certo cagione di sofferenza, ma se indirizzata in maniera costruttiva, questa può diventare un nuovo punto di partenza, riscoperta di sé e del proprio potenziale umano. Perdere per vincere, accettare l’errore e avere fiducia in un progetto a lungo termine sono le chiavi per ripartire.

L’obiettivo è quello di maturare una nuova consapevolezza e di generare una nuova cultura del fallimento. Perché ciò sia possibile, è necessario un percorso di accettazione dell’errore, di capacità di analisi e infine di consapevolezza.
L’aeroplano, simbolo della Scuola e presente nel logo, è metafora di un viaggio: viaggio, come apertura alla novità e come sconfitta delle paure.

I corsi offerti dalla Scuola

Trattandosi pur sempre di una scuola, questa realtà offre diversi tipi di servizi, che rispondono alle diverse tipologie di approccio e di aiuto necessario. I loro corsi sono aperti ad aziende, professionisti e scuole. Tutti sono caratterizzate dall’approccio esperienziale e ludico-immersivo.

Primo fra tutti il Ciclo dell’errore, aperto ai gruppi. Errare, di fatto, è già di per sé una parola dal duplice significato di sbagliare e di peregrinare. Proprio perché l’errore può essere visto come un viaggio nelle possibilità che si dipanano. Questo corso nello specifico è ideato per aumentare il grado di accettazione dell’errore e di sviluppo delle competenze trasversali.

Altra destinazione invece per il Ciclo della scelta. Rivolto ai singoli individui che intendono sviluppare un nuovo ordine di idee, il corso può farli sentire meno fragili quando messi in condizione di dover prendere una decisione o di fare scelte consapevoli.

La Scuola, inoltre, offre la possibilità di partecipare ai loro eventi. Per conoscere meglio la loro realtà e per avvicinare quanti più possibile a una nuova consapevolezza di sé e alla comprensione dell’importanza dell’errore. Ma anche di come vivere più serenamente gli inciampi che caratterizzano la vita di tutti.

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