Enzo Jannacci: il medico che suonava il rock

Undici anni fa ci lasciava il grande Enzo Jannacci, uno dei volti più celebri della musica e della televisione italiana

Enzo Jannacci è stato uno dei più grandi artisti italiani, segnando indelebilmente la storia della nostra televisione nazionale. Maestro di poliedria, era in grado di vestire i panni del cabarettista, poi del musicista e poi dell’attore senza mai scadere. Molte le sue collaborazioni con i maggiori artisti del suo tempo, quali Gaber, Luigi Tenco, Little Tony, Adriano Celentano e Dario Fo.

Enzo Jannacci nasce a Milano il 3 giugno del 1935. Proveniva da una famiglia della media borghesia: il padre era un maresciallo dell’aeronautica militare, mentre sua madre era una sarta comasca. La figura del padre, maresciallo e partigiano durante la Resistenza, lo ispirerà in seguito nella scrittura di tre canzoni, “El portava i scarp del tennis”, “Sei minuti all’alba” e “La sera che partì mio padre”.

Terminò gli studi presso il liceo scientifico, diplomandosi poi presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano in armonia, composizione e direzione d’orchestra. Di fatti, Jannacci non accantonò mai la sua passione per la musica, portandola avanti di pari passo con la sua formazione accademica. Infatti iniziò a pubblicare i primi dischi ben prima che si laureasse.

Nel 1969 si laureò in Medicina e Chirurgia. Una professione che all’inizio non accettò con entusiasmo, ma anche prese ad amare negli anni. La sua formazione come medico cardiologo si consolidò con diverse esperienze all’estero che inframmezzarono la carriera artistica.

foto in bianco e nero di Enzo Jannacci da bambino al pianoforte
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Le prime esperienze nel mondo dello spettacolo

Come accennato, la carriera artistica di Enzo Jannacci inizia già negli anni Cinquanta. Questa prende il via nell’ambiente del cabaret milanese, un tipo di intrattenimento che ben si confà al suo spirito gioviale e coinvolgente. Successivamente si avvicina al jazz e poi al rock ‘n’ roll, sulla scorta dei grandi successi dell’epoca, come Elvis e Chuck Berry. Nel 1956 inizia a suonare la tastiera nei “Rocky Mountains“, alla cui voce c’è Tony Dallara. Tuttavia, lascia il gruppo alla fine dell’anno, quando l’amico Pino Sacchetti gli presenta Adriano Celentano. Nella band che forma con Celentano, i “Rock Boys“, si esibisce al primo Festival italiano del Rock and roll, nel maggio 1957. L’esperienza musicale più importante per Jannacci resta quella del sodalizio con l’amico Gaber. Formano insieme “I due Corsari“, esordendo per la Dischi Ricordi nel 1959.

Grazie al successo maturato con Gaber, Jannacci può intraprendere anche una carriera solista. Il suo stile è caratterizzato, fin dagli esordi, da una forte componente umoristica surreale– eredità del passato da cabarettista. Ne sono un esempio le canzoni “L’ombrello di mio fratello” e “Il cane con i capelli”.
Nel 1961 l’amico Gaber partecipa a Sanremo con una canzone scritta dallo stesso Jannacci, intitolata “Benzina e cerini”. Purtroppo il brano non riceve il plauso sperato.

Nel tempo, continua a tenere fede al progetto con Gaber tanto quanto a quello di Celentano, ma decide allo stesso tempo di dedicarsi anche al teatro. All’inizio del 1962, il regista teatrale Filippo Crivelli decide di dargli una parte nello spettacolo “Milanin Milanon“, in cui canta e recita insieme a Tino Carraro, Milly, Sandra Mantovani e Anna Nogara. Inoltre, per lo spettacolo compone anche una delle sue prime canzoni completamente scritta in dialetto milanese, “Andava a Rogoredo”. Successivamente, con l’aiuto dell’animatore Bruno Bozzetto, realizza un breve cartone animato per la televisione intitolato “Pildo e Poldo“. “Pildo e Poldo” verrà incluso nel celebre programma Carosello fino al 1964.

Il successo di Enzo Jannacci

La carriera di Jannacci prende finalmente il volo. Ha fatto esperienza della musica, del teatro, della televisione e dell’intrattenimento, diventando un artista completo.
A partire dalla metà degli anni Sessanta, entra in più cerchie di artisti. Conosce Sergio Endrigo, Cochi e Renato, Carlo Lizzani (che lo farà comparire anche in “La vita agra”), Ugo Tognazzi e Dario Fo. Nel 1965 esce un disco che, ai tempi, rappresentò una vera innovazione: “Enzo Jannacci a teatro”, un disco di canzoni registrate dal vivo. Praticamente, un antesignano e precursore dei dischi di live che oggi conosciamo.

Nel tempo, Jannacci adotta una cifra stilistica più socialmente impegnata, tipica dei cantautori che al tempo si andavano consolidando nel panorama musicale italiano. Parla di Resistenza, dei derelitti della società e di emarginati.
La canzone che però lo consegna a un più largo successo è “Vengo anch’io, no tu no“. La canzone è una collaborazione di Jannacci con Dario Fo e Fiorenzo Fiorentini. Il successo si ripete con “Ho visto un re“, ancora una volta in collaborazione con Fo. Entrambe le canzoni, per quanto volontariamente non sense, sono intrise di metafore e di riferimenti politici e sociali. Inoltre, entrambe le canzoni sono state inizialmente sottoposte a censura per la presenza di due strofe controverse.

Il declino e il ritorno

Segue un lungo periodo di stasi, durante il quale Jannacci decide di tornare a praticare come medico. Decide di specializzarsi, e di continuare la sua formazione. Si trasferì in Sudafrica per assistere Christiaan Barnard, primo chirurgo ad aver realizzato un trapianto di cuore. Poi, negli Stati Uniti, prima presso la Columbia University di New York e poi al Queens College.

Mentre non è in Italia, i maggiori interpreti nazionali tornano sulle sue canzoni, eseguendole in tv e registrandole in studio. Fra questi sicuramente c’è Mina.

La ripresa degli studi non esaurisce la sua vena creativa, e Jannacci si dedica anche al cinema, al teatro e alla scrittura. Quando torna in Italia infatti veste i panni dell’uomo di spettacolo. Recita per il cinema in “Le coppie” di Monicelli, con Monica Vitti, e in “L’udienza” di Marco Ferreri. Scrive lo spettacolo teatrale “La tapparella” con Beppe Viola e poi il libro “L’incompiuter“.
Compone inoltre delle colonne sonore per il cinema. Una per “Romanzo popolare” di Monicelli, nel 1975 per “Pasqualino Settebellezze” di Lina Wertmuller, poi per “L’Italia s’è rotta” di Steno nel 1976, per “Sturmtruppen” di Salvatore Samperi, per “Gran bollito” di Mauro Bolognini, nel 1977; per “Saxofone” di Renato Pozzetto nel 1978 e per “Piccoli equivoci” di Ricky Tognazzi nel 1988.

Con gli anni Ottanta il successo arride di nuovo a Jannacci, consacrato da una serie di collaborazioni (come quella con Milva) e di concerti in tutta Italia e in televisione. Riprende anche la sua presenza nel mondo del cinema, con “Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada” di Lina Wertmüller. Torna anche in tv con il programma “Gransimpatico“. Fra gli ospiti Massimo Boldi, Teo Teocoli, Paolo Conte, Dario Fo, Alberto Fortis, Diego Abatantuono, Maurizio Micheli, Vasco Rossi.

Con gli anni Novanta si trova sempre più spesso sul palco di Sanremo, senza però riscuotere successo. Nel 1989 partecipa con “Se me lo dicevi prima”, nel 1991 con “La fotografia”, in coppia con la tedesca Ute Lemper, nel 1994 con “I soliti accordi”, questa volta accompagnato da Paolo Rossi. Infine nel 1998 con “Quando un musicista ride”. Segue un lento ritiro dalle scene, dettato dalle difficoltà nel trovare una casa discografica e dalla precarietà delle condizioni di salute.

Gli ultimi anni della sua vita furono funestati da un tumore col quale il cantante conviveva da anni. Il 29 marzo 2013 Enzo Jannacci muore, nella sua Milano.

Enzo Jannacci con un bicchiere in mano in una foto del 1992
Di sconosciuto – Milano Today, aprile 2013; Anche:http://www.estense.com/?p=308044, Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=5529603-artepassante.it

Enzo Jannacci, medico e cantante

Jannacci rappresenta un caso davvero unico nel panorama artistico italiano. Come accennato, infatti, portò avanti tanto la carriera musicale e artistica quanto quella medica. La professione medica era diventata per lui una vera e propria missione. Era un accanito sostenitore della sanità pubblica, ed esercitava sia come cardiochirurgo che come medico di base. Per sua stessa ammissione, preferiva avere pochi pazienti ma prendersene cura amabilmente e con attenzione.

Sulla sua pietra tombale è possibile leggere, nell’iscrizione, “medico e cantante“. Ed è proprio così che Jannacci voleva essere ricordato.

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